El Pont Retrobat, il manifesto culturale di Antonio Simon Mossa

Non solamente un libro di poesie, ma un vero e proprio manifesto che riassume il pensiero culturale di Simon Mossa.

Tutto il libro è scritto in maniera poetica, oltre alle poesie vere e proprie, dai racconti dei pomeriggi in giro per la sua Alghero, alla ricerca del ponte linguistico e culturale con la Catalogna.

Infine gli articoli sull’architettura, arte cui era maestro, in cui espone le sue idee, che rappresentano un manifesto culturale per gli architetti moderni.

Qui un estratto di un atto del convegno “Arquitectes i arquitectura a l’illa de Sardeyna” del 1962, in cui vede l’architetto come propulsore della rinascita dell’isola. Pensiamo, ad esempio, a cosa ha rappresentato Gaudì per Barcellona, per capire quanta importanza può avere il discorso di Simon Mossa.
La sua visione è quella della cultura e dell’architettura inserita nel contesto storico e geografico, locale e Mediterraneo allo stesso tempo.
Dal confronto con gli architetti provenzali e catalani, riemerge la passione per i popoli e per le culture represse, soffocate dalle culture dominanti, che dovrebbero ritrovarsi nell’Europa dei popoli.

“E, se tutto procederà bene, questa rinascita avrà la firma degli architetti: perché gli architetti devono edificare la nuova Sardegna con una pianificazione integrale.
Però in questo affare, che è immenso e del quale noi non vedremo la realizzazione, la confusione di cui vi ho tanto parlato è ben radicata nelle classi che hanno in mano le redini della nostra comunità. E l’architetto che sarebbe potuto essere l’autore di una rinascita totale, e per questo colossale, si accontenterà di camminare dentro le righe dei burocrati, essendo strumento e mezzo di quasi materiale dell’opera.

L’intervento pubblico (quarantamila milioni di pesetas) per dodici anni è già evidente che è disarmonico e troppo legato alla politica provinciale e personale di combriccole di alcuni territori e città dell’isola.
Nonostante quello che vi ho detto, la rinascita (solamente economica) si realizzerà ugualmente, soprattutto per l’intervento dei privati che si sta sviluppando gradualmente, con l’apporto di capitali stranieri.
Forse noi architetti abbiamo perduto il treno e siamo giustificati perché siamo pochi e disuniti: però lasciamo la strada aperta all’illusione che la nostra opera, oggi così come fu in passato, sarà determinante e fondamentale allo scopo che una rinascita dell’isola di Sardegna sia effettiva e durevole. Poiché sono le opere degli architetti che condizionano la storia, sono le opere d’architettura che parlano attraverso un linguaggio universale e ci fanno comprendere l’intero senso del passato e ci spronano verso la realizzazione del futuro. Il nostro problema è uno ed uno solo: è il problema di sempre. L’impronta del nostro lavoro dev’essere evidente e concretamente stabile col tempo, poiché lo spazio che noi imprigioniamo deve identificarsi col tempo. Senza aver ben chiaro e presente questo concetto il nostro lavoro sarebbe inutile e privo di senso.
E giacché voglio mantenere il mio discorso all’interno del tema stabilito: architetti e architettura nell’isola di Sardegna, senza darvi noia, vi farò un breve “excursus” storico della Sardegna”. […]

Segue un racconto storico della Sardegna, dal punto di vista degli apporti architettonici delle varie culture che si sono succedute e mescolate a quella locale.

“Noi architetti di Sardegna, che non potremmo mai rinnegare il presente, in un momento di così grande responsabilità come quella che ci aspetta del Piano di Rinascita dell’isola, dobbiamo tornare a ricercare questo passato e vedere di esso tutto il buono e il valido che c’è e che è abbastanza comprovato.

Perciò ho voluto iniziare un dialogo con gli architetti valenciani, come già feci con quelli provenzali, perché qui a Valencia troviamo le radici e le forze per rinnovarci e parlare il linguaggio, lo stesso linguaggio, gli uni di Valencia e gli altri di Sardegna, il linguaggio della pietra che ha reso così grandi i nostri avi.

Non rifiuteremo prodotti industriali né conquiste della tecnica, che questo sarebbe anacronistico, però con umiltà cercheremo la ragione profonda della spiritualità degli antichi.
Solo insieme potremmo ottenere un successo, che sarà tale solo se espressione dei nostri popoli fratelli.”

Antonio Simon Mossa

“Arquitectes i arquitectura a l’illa de Sardeyna”, traduzione dal catalano a cura di Carlo Valentino. Relazione presentata alla conferenza “Architetti e Architettura in Sardegna”, tenuta a Valencia nel 1962.

Contenuto a pagina 100 del libro:

El pont retrobat / Il ponte ritrovato Scritti di Antoni Simon Mossa, Editrice Democratica Sarda, Generalitat de Catalunya Delegaciò del govern a Itàlia Ofici de l’Alguer.

Immagine presa dal post https://www.facebook.com/AntonioSimonMossa/posts/1710027535789028

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